Lascia o raddoppia?

Verde, verde e ancora verde.
Abetaie, prati, basse colline, rivi, salici, un verde arcobaleno orizzontale scorre veloce accanto al finestrino del treno che mi porta da Praga a Vienna. È un bel viaggiare, anche se già ora vorrei farlo nel verso opposto.
Prima di cominciare a raccontarvi qualcosa della mia (decima?) escursione praghese, permettetemi di darvi una spiegazione di questo titolo un po’ enigmatico “Lascia o raddoppia?
Dopo Sitges, dopo Birmingham, dopo la Val d’Argent, e soprattutto dopo aver visto ben otto edizioni del Prague Patchwork Meeting provavo, come dire, un certo senso di “sazietà”. Non che mi sia stancata del patchwork, sia chiaro, ma avendo già un’idea di cosa mi aspettava a Praga, supponevo che mi sarebbero mancati quel tanto di mistero e sorpresa che rendono invitante ogni mio viaggio.
Per quest’anno quindi ero intenzionata a lasciare, ovvero passare la mano a chi, leggendo il mio blog, provasse maggior curiosità per questa mostra, e per la città di Praga s’intende.
Pare evidente che, trovandomi ora a scrivere questo post, ciò non è avvenuto, e che alla fine in Boemia ci sono andata, ma ancora non si spiega quel titolo bislacco, e nemmeno il fatto che io stia registrando le mie sensazioni “ora”, quando invece sono abituata a farle “decantare” per un po’, quasi a far loro prendere aria come si fa col vino per ravvivarne gli aromi.

A far pendere la bilancia sul piatto del viaggio c’ha pensato la mia agenzia turistica preferita, la quale ha pensato bene di organizzarmi un tour che definire interessante sarebbe riduttivo, e che è stato fonte di piacevoli scoperte.
Tanto per essere chiara, quest’anno a Praga non ho visto una mostra di patchwork, ne ho viste due, quindi non ho lasciato, ma ho pure raddoppiato. Come sempre vi riporterò un breve resoconto delle esposizioni con le relative immagini di ciò che ho visto.
L’agenzia turistica alla quale mi affido conosce bene i miei gusti, e soprattutto sa che io non amo essere troppo diretta, cioè preferisco arrivare al mio obiettivo percorrendo strade alternative, magari un po’ disagevoli e tortuose, perciò prima di giungere a Praga mi è toccato, per fortuna, girare mezza Europa, e, credetemi, ne è valsa la pena. Tante e tali sono state le esperienze vissute che sento il bisogno di riportarle subito alla memoria, per paura che poi perdano la nettezza necessaria per descriverle come meritano.
Prima tappa a Venezia S. Lucia (col treno, ovviamente) per una Kilkenny e un panino caldo in un caratteristico localino che conosco bene.
KilkennyCerto, sarei potuta scendere a Mestre, e da lì prendere lo Shuttle Bus per l’aeroporto, ma, come ho detto poc’anzi, le cose troppo semplici non fanno per me, quindi piccola pausa a Venezia, poi treno per Treviso Centrale e infine autobus urbano fino all’aeroporto, destinazione Eindhoven, Paesi Bassi. (Eindhoven???).
Calma, calma, una spiegazione c’è, ma prima vorrei raccontarvi due episodi divertenti (almeno per me, s’intende).
Uno. A parer vostro, prendendo un qualsiasi treno regionale, sedendo su un qualsiasi posto a caso, quante possibilità si hanno di incontrare una qualsiasi persona olandese? Praticamente zero, eppure è successo, ho fatto la conoscenza di una giovane mamma olandese che portava il suo bambino in gita a Venezia (un caso o un segno del destino? Fate voi).
Due. Piccola scenetta comica alla stazione di Venezia. Chiedo i biglietti per Treviso Centrale e quindi, già che ci sono, anche i biglietti da Udine a Trieste. L’operatore, con rara sollecitudine, mi chiede se sono “coperta” da Treviso a Udine, ovvero come c’arrivo a Udine. – Nessun problema, – rispondo – vado ad Eindhoven, poi a Breda, poi a Praga, poi a Vienna, poi a Villaco e infine a Udine -. L’apparente assurdità della risposta lascia talmente basito e interdetto il buonuomo da fargli sbagliare completamente la prenotazione, perciò deve cancellare tutto, stornare biglietti e pagamenti, e quindi rincominciare daccapo.
Perché la mia agenzia di viaggi mi ha spedito in aereo fino ad Eindhoven? Semplice, per farmi prendere il treno per Breda.
E allora?
E allora nel 2016 ricorre il cinquecentenario della morte di Jheronimus van Aken, più noto come Hieronymus Bosch, perciò nel Noordbrabants Museum di ’s-Hertogenbosch, il paese vicino a Breda dove questo pittore nacque e dal quale non si mosse mai, è stata organizzata un’esposizione di quasi tutte le sue opere da incubo.
Irripetibile, perciò imperdibile.bosch_01

Visto che ero di strada, il mio tour operator mi ha dato la possibilità di visitare la Cattedrale di ’s-Hertogenbosch, e di fare un giretto su per i suoi tetti sovrabbondanti di figure spaventose quanto quelle dei quadri di Bosch. DSCN1697Il fitto programma di viaggio prevedeva sì appuntamenti culturali, come il Rijksmuseum di Amsterdam per esempio, ma anche momenti di vero spasso lungo le vivacissime viuzze del centro di Breda, tanto che lì ogni sera sembrava Capodanno.
Ma, mi chiederete voi, al patchwork ci arriviamo sì o no?
Ci arriviamo, ci arriviamo, con calma e pazienza, come ci sono arrivata io che ho viaggiato di notte con un autobus da Breda a Praga.
bus
Per aspera ad astra” diceva il motto latino, e mi sono fatta ben quindici ore di “aspera” per raggiungere la mia stella.
A questo punto il mio agente di viaggio poteva lasciarmi finalmente in pace a godermi il patchwork di Praga? Ovviamente no.
“Una Pasqua da (in)cubo – Dagli incubi da sogno al sogno cubista” questo prevedeva il programma, e così, dopo le figure da incubo di Bosch viste nel Brabante, un’intera giornata a Praga è stata dedicata al cubismo in tutte le sue forme espressive, architettura, scultura, pittura, arredamento, oggettistica, e caffè.
Caffè?
Certo, il Caffè Orient, un viaggio indietro nel tempo per cogliere con tutti i sensi, ma proprio tutti, atmosfere e sensazioni date ormai per estinte.Dscn1726Poteva bastare? Ovviamente no.
Immagino che per la maggior parte di voi (e del resto anche per me) il nome di Alfons Mucha riporti alla mente i manifesti Art Noveau, caratterizzati da figure voluttuose circondate da arabeschi naturali, ubertose entrambe le nature, quella femminile e e quella vegetale. Chi ha visitato la Cattedrale di San Vito avrà sicuramente ammirato la vetrata che questo poliedrico artista ha realizzato. Massima invece è stata la mia sorpresa quando, in un ambiente di dimensioni a dir poco esagerate, mi si sono presentati davanti una serie di quadri di otto metri per sei: il Mucha che non t’aspetti.
Quando sono venuta a conoscenza che nello stesso enorme palazzo in stile funzionalista (uno dei primi in Europa) avrei potuto ammirare opere di Van Gogh, Monet, Klimt, Schiele, Rodin, Picasso (tanto per fare dei nomi), ho cominciato a sospettare che l’organizzatore del mio viaggio sia vagamente sadico, e che mirasse a uccidermi con un’overdose di bellezza.
La certezza l’ho avuta un paio di giorni dopo, quando mi sono trovata a percorrere i saloni del castello di Konopiště, la lussuosa (è un eufemismo) residenza d’un tempo dell’arciduca Francesco Ferdinando d’Asburgo.Konopiste_01Tutto bene quindi? Non proprio.
Potrei supporre che siate anche voi siate stati persuasi che, per prudenza, non sarebbe il caso di programmare adesso dei viaggi all’estero, in considerazione degli inconvenienti che i controlli di sicurezza inevitabilmente comportano. E in effetti così è stato, dato che durante questo mio viaggio per ben due volte mi è stato chiesto di esibire il titolo di viaggio, ovvero il biglietto del tram sui trasporti pubblici di Praga. Mah…, qualcuno qui da noi non ce la racconta giusta.
Della mia “Pasqua da (in)cubo” potrete trovare in fondo questo articolo un filmato, immagini che comunque non rendono giustizia alla spettacolarità di quanto ho potuto ammirare, e solamente con grande difficoltà sarei in grado di trasmettervi le impressioni di questo viaggio nello spazio e nel tempo.
Veniamo al motivo per cui siete qui: il patchwork.
Come vi ho anticipato, a Praga due mostre nello stesso giorno, e si potrebbe quasi dire che sono andata a vedere del Pratchwork
Dubeč èdubec_logo un piccolo comune nella parte orientale di Praga, e in questa località di periferia si tiene una mostra del tessile e del patchwork già da qualche anno. Pur essendo una abitué di Praga, non ne sospettavo l’esistenza, e posso solamente ringraziare la meticolosità di chi ha organizzato la mia trasferta boema per avermi felicemente sorpreso ancora una volta (l’ennesima).
svadla49letakmL’esposizione si svolgeva in uno storico granaio (Historický Špejchar) del XVIII secolo, ovviamente reastaurato e adattato a ospitare manifestazioni artistiche. Devo dire che l’ambientazione non era niente male, suggestiva e accogliente, e pure l’atmosfera che si respirava, quella di un entusiasmo genuino e posato, una rarità ormai, contribuiva non poco a darmi la sensazione di trovarmi all’interno di una piccola oasi di delizia estetica.
Dubec_13C’erano, come prevedibile, i patchwork, quasi tutti di impronta classica, o con delle interessanti variazioni sul tema. Più che nel rispetto formale, nella compiaciuta complessità di esecuzione e nella bizantina minuzia nei dettagli per intenderci, queste quilter si sono impegnate nella ricerca di accostamenti cromatici in grado di offrire prospettive nuove a tecniche tradizionali. Se il patchwork è, o lo è stato un tempo, occasione di riciclo dei materiali, queste artiste hanno pensato bene di riutilizzare il consueto per riassemblarlo secondo il loro gusto.

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Dubec_09Bella questa variazione sul tema “Tessellating Tabbies“, un famoso disegno di Jinny Beyer. Se l’originale richiama subito l’attenzione sulla forma dei gatti con i loro colori consueti, quest’opera invece si offre alla vista come una tempera, con le sue gradevoli gradazioni di colore che sfumano dall’avorio al fiordaliso, attraversando lavanda, indaco, denim, turchese, e solamente in seguito ci si accorge che lungo tutto il percorso la quilter ha utilizzato dei gatti dal colore improbabile.

 

Dubec_14Lavorando su una superficie bidimensionale è naturale che gli effetti tridimensionali siano un richiamo irresistibile per ogni quilter che utilizza dei blocchi geometrici. Anche per questa composizione di tumbling block l’artista non si è limitata a ottenere un’illusione ottica, ha voluto aggiungere dei punti di colore, magari rischiando un effetto alieno alla composizione, ma come si dice: il dado è tratto.

 

Dubec_19Erano presenti anche delle opere più “libere” nella composizione, come un pannello raffigurante l’inverno in un assieme intitolato “Le quattro stagioni”.
A proposito…, i quattro concerti per violino di Antonio Vivaldi intitolati “Il cimento dell’armonia e dell’inventione”, e più noti come “Le quattro stagioni”, hanno molto a che fare con Praga. Vivaldi infatti li dedicò al principe boemo Vaclav Morzin, proprietario di un grande palazzo a Praga con tanto di sala da concerti (oggi è la sede dell’ambasciata rumena sulla Nerudova), e sempre presso i Morzin a metà del ‘700 fu maestro di cappella il giovane Franz Joseph Haydn. La casata dei Morzin altro non era che il ramo boemo della nobile famiglia Morosini che diede ben quattro dogi alla Serenissima Repubblica di San Marco. Questo solamente per sottolineare il filo che per secoli collegò Venezia e Praga, due città ancora tutt’oggi uniche al mondo.
E già che parliamo di Venezia, e già che parliamo d’arte, e già che parliamo di ago e filo, come non percorrere idealmente quelle quattro braccia d’acqua in laguna per arrivare all’isola di Burano? Vagando per le calli, non austere, ma vivaci di colori, poco patrizie, ma molto simpatiche, è possibile talvolta ritrovare quella che fu la Venezia d’un tempo, senza mastodontiche navi da crociera, senza vocianti comitive, senza buttadentro all’ingresso di ogni ristorante, senza affollate esposizioni di grande richiamo, senza il borbottante manicomio di motoscafi, vaporetti, chiatte, e barchetteria varia. A Burano c’è di più: il museo del merletto. Per chi ne sa qualcosa i termini “Punto Venezia”, “Punto Burano”, “Punto ago”, Punto cappa”, sono il Santo Graal di ogni merlettaia, i mattoni fatti d’aria e fantasia con i quali sono state realizzate delle opere tessili di tale arte e accuratezza che si fa difficoltà a ritenerle opera della mano umana (femminile). Sempre dalla laguna di Venezia proviene il merletto a fuselli, o di Pellestrina, e guarda caso proprio questa tecnica l’ho ritrovata a Dubeč, ma applicata con il più moderno gusto boemo.
Dubec_04Dubec_22Quindi non solamente scialli, centritavola, paramenti, tendine, tovaglie, tovagliette, tovaglioli, tovagliolini, e ovviamente ventagli,… Dubec_06…ma anche splendide contaminazioni tra il moderno e l’antico, tra l’utile e l’ornamentale, tra Praga e Venezia appunto.
Quindi una mostra da rivedere l’anno venturo (speriamo…), magari riservandole più tempo perché, pur essendo limitata negli spazi, presentava una gran varietà di opere tessili diverse, tutte da osservare con la dovuta attenzione e da riportare sul blog. Infatti, oltre all’atmosfera caratteristica di questo antico edificio, oltre all’entusiasmo di chi vi partecipava, oltre alla gradevolezza dell’esposizione, oltre al fatto che il tutto trasmetteva quella confortevole sensazione delle cose fatte “in famiglia”, in molti dei lavori esposti ho finalmente  ritrovato una materia prima molto rara e sempre più svalutata: la manualità.
Dubec_02Ad ogni buon conto vorrei aggiungere che era previsto un servizio bus per spostarsi con la massima praticità da Dubeč, che è un po’ fuori mano, all’Hotel Step, sede del Prague Patchwork Meeting.
Complimenti per la brillante idea!
Piccola pausa prima di passare al PPM 2016.
Anche stavolta a Praga il tempo è stato clemente, nel senso che non ha nevicato… In compenso abbiamo avuto sole, pioggia, vento, afa, nuvole alte, nuvole basse, nebbiolina, cielo terso, ovviamente non in quest’ordine e non tutto assieme. Come sempre, quanto si va a Praga, bisogna portarsi dietro stivali e sandali, giacchettone e camicetta di lino, ombrello e occhiali da sole, berretto di lana e cappello di paglia. Guardando il contenuto della valigia prima di partire, non si capisce se una va in Alaska o in Australia. Comunque ce la siamo cavata benino, ormai giriamo per la città con scioltezza, senza mappa al seguito, col distacco educato dei praghesi, e quando ci parlano in ceco facciamo pure finta di capire. L’unico inconveniente di esserci così bene mimetizzati è causato dal fatto che più di qualche turista si rivolge a noi per chiedere informazioni.
Eccoci finalmente al Prague Patchwork Meeting 2016

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Trovandomi (oggi idealmente) a Praga vorrei iniziare come la Sinfonia n°4 di Antonín Dvořák, ovvero con un Allegro, e cosa c’è di più allegro di queste opere di Věra Skočková, quilt che fanno parte di una serie intitolata “
Věra  a Ctibor Skočkovi – The Magic Dream

Věra a Ctibor Skočkovi – The Magic Dream

Come potete vedere, in questo sogno magico (ma non li sono tutti?) sono presenti le attività più o meno realistiche che la dormiente (Věra?) sogna di aver svolto o di voler svolgere (o riavvolgere?) grazie a quelle figurette da fiaba. Il posto d’onore è riservato quella con i capelli alla Telespalla Bob che alla macchina da cucire sta realizzando delle nuvole (il quilt come l’essenza del sogno?).
Ecco cosa succede(va) in Vallachia, la zona orientale della Moravia che confina con la Slovacchia, durante il carnevale (masopust).
Věra Skocková – Wallachia Quilt – Beer Boys

Věra Skocková – Wallachia Quilt – Beer Boys

Durante il carnevale le persone usano bere molta birra, e anche acquavite di prugne, lo slivovitz, il che le rende tutte molto allegre.
Věra Skocková – Wallachia Quilt – A Feast

Věra Skocková – Wallachia Quilt – A Feast

Il pensiero dei quarantacinque giorni che mancano alla Pasqua rende il periodo di carnevale il più ricco possibile di ottimo cibo e buone bevande. I maiali vengono ammazzati e la loro carne viene servita arrostita semplicemente al forno oppure con una doratura come se fosse una torta, e quindi innaffiata col brandy. Come resistere?
Dopo queste opere dedicate a costumi popolareschi e paesani, una tradizionale fonte di allegria e spensieratezza, ecco un quilt che invece si è ispirato a qualcosa di nobile, una sostanza molto nota e troppo desiderata per non essere causa di infelicità e preoccupazione.
Šterbová Jana – Golden vein

Šterbová Jana – Golden vein

Šterbová Jana – Golden vein - Detail

Šterbová Jana – Golden vein – Detail

Una vena d’oro per questo bel quilt, anche se resto convinta che per realizzare capolavori del genere, più che l’oro serve una vena di pazzia.
E ora dal primo movimento che era un “allegro”, passiamo al secondo movimento, un “andante sostenuto e molto cantabile”, e questi paesaggi moravi di Grycová Jaroslava “cantano” la bellezza della natura della sua terra.
Grycová Jaroslava – Vysocina na podzim

Grycová Jaroslava – Vysocina na podzim

Lei è doppiamente brava.
Brava nel fotografare, il che non vuol dire solamente scattare una foto, bensì girare e girare per trovare un angolo suggestivo, poi comporre l’inquadratura giusta in grado di trasmettere una sensazione, e infine rendere bene i colori e i chiaroscuri per dare profondità e vita all’immagine.
Brava nello scegliere, tagliare, unire e trapuntare tutti i pezzettini di stoffa per riuscire a riprodurre con la massima verosimiglianza possibile la fotografia, coll’intenzione di far arrivare a chi osserva il quilt tutti i dettagli che hanno trasformato un angolo di bosco in un’opera d’arte vivente.
Grycová Jaroslava

Grycová Jaroslava

Anni fa entrai in un noto negozio di sfoffe della mia città per acquistare una pezza color grigio ardesia. La commessa, di certo una grande esperta del settore, sgranò gli occhi e mi disse: – Ma signora, nel patchwork non esiste il grigio! -
Lasciai perdere, andai a casa e la ordinai la stoffa in internet. Va da sé che in quel negozio non ci sono più tornata.
Chissà cosa le avrebbe detto Jaroslava, magari si sarebbe limitata a un sorriso di compatimento; io invece, col carattere che oggi mi ritrovo, sarei tornata a casa, avrei preso le mie stoffe grigie, tutte, e gliele avrei sbattute in faccia consigliandole di cambiare mestiere.
Per il terzo movimento della Sinfonia n° 4, lo Scherzo, vorrei tirare in ballo una delle mie quilter preferite, perché nelle sue opere, mai banali, mai gratuite, riesce sempre a inserire qualche aspetto bizzarro, come uno scherzo appunto, però non per celia, bensì per sottolineare un paradosso o un pensiero che esce fuori dagli schemi consueti.
Juracková Renata – The rose of Lipsia

Juračková Renata – The rose of Lipsia

Juracková Renata – The rose of Lipsia-Detail

Juracková Renata – The rose of Lipsia – Detail

Nel 2015 sono stati celebrati i mille anni dalla fondazione della città di Lipsia, e per l’occasione è stata lanciata questa iniziativa tessile a tema. Renata ha voluto rappresentare la “Rosa di Lipsia”, un monumento in acciaio alto otto metri, realizzato dall’artista tedesca Isa Genzken. Questa rosa in acciaio è posta all’entrata Ovest della grande “Glass Hall” del centro museale ed espositivo di Lipsia.

 

Kalinová Mirka – Dancing Tulips

Kalinová Mirka – Dancing Tulips

Vado dalle rose ai tulipani, come un’ape di fiore in fiore. Tanto “solida” era la rosa di Renata, così eterei sono questi tulipani di Mirka, sembrano quasi alzarsi senza peso, come piccole lanterne cinesi, e anche lo sfondo, indefinito, sfumato, con i motivi appena accennati, contribuisce non poco a questa sensazione di irrealtà. Un sogno.
Ogni volta che vengo al Prague Patchwork Meeting e vedo le creazioni di Černá Romana, me la immagino come la dea Kālī. Infatti bisogna possedere almeno quattro braccia per riuscire a realizzare tutti i lavori che lei espone, sempre nuovi, sempre diversi, sempre affascinanti.
Per inciso, Romana è una delle componenti di Art Quilt Harbour, un gruppo composto da alcune delle migliori quilter ceche, i cui nomi ricorrono spesso in questo blog.
Černá Romana – Blauer Portugeiser

Černá Romana – Blauer Portugeiser

Černá Romana – Blauer Portugeise -Detail

Černá Romana – Blauer Portugeise – Detail

Il blu è il suo colore preferito (ce n’eravamo già accorti) e anche in questa sua opera il blu domina. La scelta del soggetto, come spesso capita, la si deve a fattori assolutamente incidentali, come per esempio la temperatura. La scorsa estate faceva molto caldo, e Romana ha immaginato che un bicchiere di vinello fresco sarebbe di grande sollievo. Eccola allora l’ispirazione, il Portoghese, un vitigno blu dal quale si ricava un vino nero da tavola di 12° – 12.5° che si può anche bere molto fresco. Dalle nostre parti il Blauer Portugeiser è coltivato in Trentino – Alto Adige.

 

Ho citato l’Art Quilt Harbour e allora ecco un’opera di un’altra componente di grande valore, Šterbová Jana, la quale tra l’altro, se la memoria non m’inganna, si occupa da sempre dell’organizzazione della mostra praghese
Šterbová Jana – Denim blues

Šterbová Jana – Denim blues

Sulle prime ho trovato questo quilt una perfetta espressione cubista, in quanto mi ricordava le scale della Casa della Madonna nera (Dům U Černé Matky Boží), l’edificio progettato nel 1911 dall’architetto Josef Gočár. In realtà l’intenzione di Jana era radicalmente diversa, in quanto lei ha riportato su stoffa la sezione di un capello con alcuni strati di cute. Certo che a ben cercare, di soggetti interessanti per un quilt se ne trovano anche nei posti più impensati…
Il titolo ha un doppio significato, Denim sta per jeans, la stoffa e il colore, mentre blues vuole indicare sia le gradazioni di blu e sia la poesia legata a questo capo, ovvero allo stato d’animo di chi lo porta.
Jeans e Denim” era appunto il soggetto della mostra riservata alle quilter ceche, e ognuna di loro ha interpretato in maniera originale questa stoffa così comune, anche se non tutte indossano abitualmente i jeans, e perciò potevano incontrare qualche difficoltà nel reperire la materia prima proprio nel colore desiderato.
Brabcová Eva - Ještěd

Brabcová Eva – Ještěd

Ještěd è una montagna di 1012m nei pressi di Liberec, sulla vetta del quale negli anni’60 è stata eretta un’antenna televisiva alta un centinaio di metri, e costruito l’omonimo hotel con annesso ristorante. La posizione elevata dalla quale si gode una vista che arriva fino alla Polonia e alla Germania, e la scelta architettonica avveniristica, la rendono molto interessante, tanto che il motto della località turistica è: “mangiare e dormire sopra le nuvole” (anche se con un ripetitore di qualche centinaio di kilowatt di emissione esattamente sopra la testa io non mi sentirei proprio tranquilla). In inverno, di prima mattina, tutto il panorama vira al blu, sottolineando l’atmosfera fredda che avvolge la montagna. Eva, oltre a rendere bene la sensazione di gelo, è riuscita a far apparire quell’ardita costruzione ancora più lontana, ancora più elevata, quasi irraggiungibile.

 

Fikejzová Helena – No Way to Heaven

Fikejzová Helena – No Way to Heaven

Non ho idea cosa c’entri il Paradiso con quest’opera di Helena, magari lei saprà illuminarmi in merito, comunque il risultato è notevole, proprio perché non cerca il facile effetto speciale, ma gioca tutto sulle sfumature, sul chiaroscuro, sulla texture della stoffa.

 

Harbichová Naděžda – Jeans Flowers

Harbichová Naděžda – Jeans Flowers

25 tessere pazze, 25 fiori tutti diversi, e tante ma proprio tante sfumature di blu, per un piccola aiuola jeans, una stoffa che cambia col tempo ma non passa mai di moda, proprio come i fiori.

 

Dalle nostre parti, e a questo punto suppongo anche in Boemia, c’era l’uso di coprire la parte inferiore del lavabo di cucina (generalmente in pietra) con un pannello di stoffa ricamata a punto erba, giusto per nascondere lo scarico, qualche secchio e altri oggetti d’uso comune, e per dare un tocco di grazia a una stanza o un angolo dove quasi niente era concesso all’eleganza.
Bovoli Eva – Klucek ke Klucku

Bovoli Eva – Klucek ke Klucku

Bovoli Eva – Klucek ke Klucku - Detail02

Bovoli Eva – Klucek ke Klucku – Detail

I colori del ricamo erano il rosso o il blu, e i temi riprendevano quelli della tradizione locale, proverbi, personaggi famosi, eventi importanti, storie di paese.
Pur non sapendo nulla di cosa ci sia dietro al titolo di questo pannello di Eva, potrei supporre che abbia a che fare col folclore della Boemia, e che magari valga anche la stessa usanza domestica.

 

Mi piace tutto ciò che non è chiaramente definito, che è interpretabile, che lascia spazio al dubbio, e il patchwork non fa eccezione.
Haklová Jana - Fata Morgana, Concrete and Grassland

Haklová Jana – Fata Morgana, Concrete and Grassland

Haklová Jana - Fata Morgana, Concrete and Grassland - Detail01

Haklová Jana – Fata Morgana, Concrete and Grassland – Detail

Di quest’opera di Jana già il titolo si porta dietro una doppia chiave di lettura: “Fata Morgana, cemento e pascoli”.
Per chi già non lo sapesse, la Fata Morgana è un fenomeno ottico scientificamente dimostrato, ma anche la fonte di numerose leggende, dalla mitologia celtica all’epopea di Re Artù. Una delle più famose narra di un re barbaro che, dopo aver conquistato tutta la Calabria, era giunto allo stretto di fronte alla Sicilia. Non avendo delle imbarcazioni a disposizione se ne stava sulla riva calabra cercando un altro sistema per raggiungere l’isola, quando apparve dinnanzi a lui una donna bellissima che fece apparire la Sicilia molto più vicina di quanto realmente fosse. Il re vide infatti sull’acqua colline, prati, case, e suppose che sarebbe bastata qualche vigorosa bracciata a nuoto per raggiungere l’altra riva, così si gettò in mare e annegò miseramente. Quella donna altri non era che la Fata Morgana, la quale con perfidia si compiace di perdere chi crede alle illusioni.
In questo caso mi pare evidente che conciliare il grigio cemento e un verde pascolo sia un’illusione che i profeti della “crescita rispettosa della sostenibilità” ci propinano, quando invece la verità è che una esclude l’altra. Se non ci decideremo a rinunciare al cemento (che sottintende il PIL infinito, il consumismo scriteriato, l’edonismo egoista, il consumo del territorio, ecc.) finiremo esattamente come quel re barbaro, e affogheremo nelle macerie della nostra cosiddetta “civiltà”.
Questo suppongo Jana abbia voluto dirci, non rinunciando comunque alla rappresentazione grafica di questo famoso effetto ottico.
La pioggia ama spesso passare le sue giornate a Praga, perciò si può affermare che è sempre “Stagione delle piogge”, tranne ovviamente in inverno, quando nevica. Non si pensi però che la pioggia a Praga sia sinonimo di “brutto tempo”, tutt’altro. Se volevate fare un giretto in barca sulla Moldava la pioggia vi sconvolgerà i piani, o magari stavate pensando a una passeggiata a Letná e invece niente, forse dovrete rinunciare a scattare qualche bella foto panoramica dall’altura di Vyšehrad, oppure la selva di ombrelli vi impedirà la visione del corteo dei dodici apostoli intorno all’orologio astronomico; portate pazienza e approfittate della pioggia per “cercare” Praga, girando per  Hradčany o Nový Svět e scoprendo le mille sfumature luccicanti del selciato, sorseggiando un tè allo zenzero allo Slavia mentre dietro le ampie vetrine passano i tram con sullo sfondo l’ottocentesco edificio del Národní Divadlo (Teatro Nazionale); se non soffrite di clautrofobia potreste approfittare di una visita guidata nei sotterranei di Praga, ottocento anni di storia ben celati nel sottosuolo, e poi volete mettere il piacere di girare per la città senza troppi turisti intorno?
Lálová Jana – Rain season

Lálová Jana – Rain season

Lálová Jana – Rain season - Detail02

Lálová Jana – Rain season – Detail

L’unica cosa che vi servirà, a parte delle scarpe adatte e la predisposizione alle camminate, è un buon ombrello. Buon divertimento!
Passano i secondi, i minuti, le ore, i giorni, i mesi, e non si trova mai abbastanza tempo per fare tutto quello che si vorrebbe, o perlomeno ciò che ci piacerebbe.
Katzerová Jindriška - Zodiac

Katzerová Jindriška – Zodiac

C’è chi afferma che la personalità dipende dal segno zodiacale, ma se così fosse nello zodiaco non ne basterebbero solamente dodici, ce ne vorrebbero dodicimila (una stima per difetto), e nemmeno con una posizione fissa sul calendario…
Dopo tanti lavori “bidimensionali” ecco qua un’opera in “3D”.
Alena Martincová and František Pavlícek_01

Alena Martincová and František Pavlícek

Dite un po’, avreste cuore di sedervi sopra questo bel patchwork?
Fin dalle prime edizioni l’interesse per Il Prague Patchwork Meeting ha valicato i confini cechi, e perciò ha potuto esporre opere provenienti da tutto il mondo (perlomeno il mondo patchwork). Anche quest’anno non è mancata la collaborazione internazionale, in primo luogo dalla Francia, e più precisamente dalla Val d’Argent, dalla quale provenivano i meravigliosi (no…, è riduttivo), stupefacenti (no…, non rende ancora l’idea), indescrivibili (ecco…, ora ci siamo) quilt che avevano partecipato al concorso “Reflections“. Non li ho riportati qui perché ne ho già parlato nell’articolo “Ten Years After” dedicato al 21° European Meeting.
C’era ovviamente anche dell’altro, ….
Maria Catalina Hernández – Mis Raíces

Maria Catalina Hernández – Mis Raíces

… come i quilt provenienti da Cuba.
Le radici del popolo cubano sono profonde, difficili da estirpare, e lunghe, talmente lunghe che arrivano fino all’altra sponda dell”oceano.

 

Materiali, stili, e processi diversi sono presenti nelle opere della quilter israeliana Covo Rachel.
Covo Rachel - Mussels and Snails

Covo Rachel – Mussels and Snails

Covo Rachel - Mussels and Snails - Detail

Covo Rachel – Mussels and Snails – Detail

Nei suoi lavori ci sono un po’ di mesh, in po’ di molas, in po’ di chenille, un po’ di pittura, e molta abilità nello shakerare il tutto.
Hohmann Klaus Jürgen ha portato una serie di opere che avevano per tema la donna e il suo rapporto con l’immagine, quest’ultima intesa sia come immagine riflessa (come la donna si vede o vorrebbe vedersi) e sia come immagine imposta (come ci si aspetta, spesso sbagliando, di vedere la donna).
Hohmann Klaus Jürgen – Io-Wolke

Hohmann Klaus Jürgen – Io-Wolke

Non solamente cotone nei suoi lavori, ma anche microfibra, organza, colori acrilici e persino penne di pavone. Per le sue figure femminili, l’artista si è ispirato ai nudi del famoso fotografo ceco František Drtikol (Praga colpisce ancora…).

 

Ecco un lavoro che sicuramente farà storcere il naso alle puriste del patchwork, però secondo me andrebbe accettato come ricerca estetica e cromatica proprio perché riesce a sfuggire ai canoni dell’ago e filo.
Fischer Helene – Miteinander I

Fischer Helene – Miteinander I

Miteinander, assieme. Ma… “assieme”, o “assieme a”, oppure “assieme di”?
Mi spiego, o almeno ci provo.
Questi due pannelli vanno visti “assieme”, altrimenti ognuno dei due perde significato. Però il tema principale è fornito dal contrasto formato dai vari colori “assieme a” un fondo rigorosamente rigorosamente monocromo e scuro. Però, però, quei quadrati sono in realtà un “assieme di” tanti piccoli pezzi.
Osservandolo alla mostra mi è venuto spontaneo di commentare che il pannello di destra è stato realizzato scegliendo i colori giusti, mentre per quello di sinistra è stato utilizzato tutto quello che avanzava…

 

La cura per il dettaglio è di certo un valore aggiunto di un quilt. Ma non sempre. Quando è necessario rendere un’atmosfera, una sensazione, un pensiero, il dettaglio esasperato può essere di troppo, un elemento di disturbo che svia l’attenzione e impedisce di cogliere il messaggio che l’artista intende trasmettere.
Østergaard Karin – Black sun over the marsk

Østergaard Karin – Black sun over the marsk

Il lavori di Karin sono spesso caratterizzati da colori abbastanza vivaci, ma quando si è trattato di riprodurre una visione della sua terra, la parte settentrionale dello Jutland, è risultato impossibile sfuggire alla tonalità dominante, un sole nero che più di uno spento color grigio il cielo non riusciva a tingere. Pochi dettagli, righe e puntini neri per rendere l’idea dei fili e degli uccelli, per un risultato invidiabile. Guardate quegli stormi (con la emme) nel cielo, centinaia di migliaia di storni (con la enne) che si preparano a migrare verso Sud. Qui Karin non ha reso solamente la sensazione del loro numero enorme, ma anche l’impressione del loro movimento nel cielo.

 

Impossibile dare una definizione di Gillian Travis, tranne quella che è una splendida quilter. Lei è così eclettica nelle sue forme espressive, da risultare estranea a ogni etichettatura o a qualsiasi altra cosa che possa apparire come un cliché.
Gillian Travis

Gillian Travis – Nordic style jumpers

Spero che l’immagine qui sopra le renda abbastanza giustizia, in quanto per apprezzare pienamente i suoi quilt, le sfumature di colore e l’accuratezza esecutiva è necessario osservarli dal vivo e da vicino.

 

Concedetemi di concludere con l’opera che mi ha intrigato di più, un quilt in maniera assoluta poco appariscente, privo di colori ammiccanti o di effetti speciali.
Gubser Adelheid – I dreamed

Gubser Adelheid – I dreamed

Gubser Adelheid – I dreamed - Detail

Gubser Adelheid – I dreamed – Detail

We are such stuff as dreams are made on, and our little life is rounded with a sleep” (Noi siamo fatti della stessa sostanza dei sogni, e nello spazio di un sogno è racchiusa la nostra breve vita). Così diceva Prospero ne “La tempesta” di W. Shakespeare.
Adelheid ha sognato questo quilt, non di notte, ma di giorno, lavorando, camminando, mangiando, parlando d’altro…, perché non c’è niente da fare, quando un’immagine prende forma nella nostra testa nulla più la può scacciare, è un sogno dal quale non c’è risveglio.
Oltre all’idea del bianco e nero, oltre agli effetti di trasparenza, oltre all’uso della quiltatura come disegno, è stato il messaggio implicito nel titolo che mi ha catturato: il sogno come essenza, perché, come diceva bene Prospero, di sogno siamo fatti, e allora smettere di sognare significa smettere di esistere.
Basta, suppongo che, giunta a questo punto, ormai vi stia annoiando.
Come sempre (e non mi stancherò mai di ripeterlo) le immagini del blog riflettono in maniera approssimativa e incompleta il contenuto della mostra, vuoi per questioni di gusto personale, vuoi per ovvi limiti tecnici, quindi la soluzione rimane sempre quella: andare e vedere con i propri occhi.
Come sempre sulla mia libreria di Flickr potete trovare qualche altra immagine delle mostre, ovviamente non tutti i lavori presenti, però qualche altra opera pregevole che per motivi di spazio non ho inserito nel blog.
Come sempre scusatemi se ho insistito un po’ sul tasto Boemia, tanto si sarà già capito che ormai sono diventata Praga-dipendente, con tanto di crisi di astinenza.
Come sempre sono a completa disposizione di chi avesse intenzione di fare un giretto (o un girone) da quelle parti, a prescindere dal patchwork, per suggerimenti, indicazioni, consigli, notiziole, ecc.
Come sempre chiudo il post su Praga ribadendo la mia intenzione di ritornare su per le prossime mostre, sperando di averne il tempo, i mezzi e la salute.
La novità stavolta è un filmato che abbiamo realizzato (con fatica) a ulteriore testimonianza del fatto che muoversi fa bene alla salute, e muoversi in cerca della bellezza fa bene alla salute mentale (forse, o forse no, chissà…).