Vienna, Praga, Brno, tre esperienze, tre sensazioni, tre caratteri, e tre per tre fa nove, nove giorni durante i quali abbiamo scarpinato, guardato, scoperto, incontrato, viaggiato, mangiato e, ça va sans dire, bevuto, nove giorni alla ricerca di ricordi e speranze, nove giorni che hanno infranto quella gabbia di tristezza che mi imprigionava da un paio d’anni. La Rossana che era partita all’alba di un grigio martedì, è ritornata dopo una settimana e mezza con un considerevole bagaglio di ricordi ma più leggera nello spirito. A questo punto viene buona una delle gianografie scritte dal mio sherpa / agenzia turistica / pusher / fotografo / ecc., e si intitola “ADDIO”. Il viaggiatore non conosce ritorno. A partire è uno, a tornare è un’altra persona. Qualora tornasse quello stesso uno è come se non fosse mai partito.Continua a leggere →
Due anni, o quasi.
Era l’alba del 26 ottobre 2019 quando salivo sul treno diretto in Austria per vedere una mostra patchwork ad Althofen.
Ben ventitré mesi sono passati da allora, mesi drammatici, lunghissimi, deprimenti, caotici, inaspettati e inconcepibili, durante i quali ogni contatto con il patchwork, per obbligo o per prudenza, è rimasto confinato tra le mura domestiche.
Ricordo che, in primavera, l’arrivo del vaccino mi regalò un alito di speranza, presto smorzato dai bollettini che rinviavano sine die l’uscita da questo malefico tunnel che c’ha regalato la Cina.
Del Festival of Quilts di Birmingham manco a parlarne, tanto più che la situazione sanitaria nelle Midlands era in peggioramento, e inoltre le complicazioni derivanti dalla Brexit fanno del loro peggio per dissuadermi dal frequentare la terra degli albioni. Vi confesso che, nonostante io ami molto l’Alsazia, la perfetta cornice per il Carrefour Européen du Patchwork, a malincuore c’avevo già rinunciato; troppi i rischi di contagio connessi al lungo viaggio in treno o in autobus. L’aereo, già lo sapete, poco mi garba, e guidare l’automobile per 1700 chilometri (tra andata e ritorno) sarebbe stato uno stress di non poco conto per il mio sherpa/fotografo/guida/interprete/webmaster/tuttofare/ecc.
E allora? Continua a leggere →
Proprio così. Sapete come si dice quando si è sopraffatti: non trovo le parole. Quelle che vado cercando andrebbero classificate come invettive, maledizioni, contumelie ed epiteti ingiuriosi. In altro maniera non saprei come esternare il mio pensiero nei riguardi della peste cinese che da un anno e passa ci sta avvelenando la vita. Continua a leggere →
Mozióne s. f. [dal lat. motio -onis, der. di movēre «muovere», part. pass. motus; il sign. 2 ricalca l’ingl. motion].
Nel post precedente vi ho raccontato che ero totalmente immersa nel bianco mare del trapunto fiorentino, quando i colori del foliage autunnale hanno bussato alla mia finestra e mi hanno fatto ricordare che esiste un mondo di colori, anzi mi hanno ammonito sul fatto che mi stavo perdendo quell’effimero spettacolo. Mi è bastata un’occhiata per farmi tornare la voglia di dipingere con la stoffa, e così ho realizzato quella coperta per la mia macchina da cucire. Nella breve carrellata di immagini che segue troverete la prova di come possa essere spettacolare l’autunno, almeno quello che mi è capitato in sorte, e com’era impossibile anche solo pensare di resistergli. Continua a leggere →
Il programma di questa primavera era allettante. Iniziava con un viaggio in Catalogna, per la sedicesima edizione del Festival Internazionale del Patchwork, a Sitges, un bellissimo angolo di mondo vicino a Barcelona. Poi la mia agenzia di viaggi mi avrebbe scarrozzata fino in Andalusia, a Granada, per ammirare l’Alhambra e gustare le prelibatezze locali. A seguire ci sarebbero state Madrid, arte e storia a bizzeffe, e la suggestiva Toledo. Da lì poi via verso Vienna per alcune gallerie interessanti che sempre mi era ripromessa di visitare. Dulcis in fundo, mi aspettava la Boemia, per il Prague Patchwork Meeting, dove finalmente sarebbe stata esposta una mia opera. In programma, a fine aprile, mi attendeva anche una scappata a Beaujolais, per la Biennale di Arte Tessile, con bellissimi quilt realizzati da artiste provenienti da tutto il mondo, e tra queste c’era anche una delle mie preferite, ossia Irina Voronina.
Mi sbagliavo. Sai che novità, direte voi. E invece la novità c’è, ossia che mai sono stata così felice di sbagliarmi. Penso che da un po’ abbiate notato nei miei post un’ombra di stanchezza, si direbbe un larvato pessimismo nei riguardi del patchwork, come se avessi smesso di aspettare che sull’estremo confin del mare si levi quel fil di fumo, colorato s’intende, e che si stessero dissolvendo quelle illusioni alle quali mi sono sempre aggrappata fin da quando ho iniziato a tagliare e ricucire dei frammenti di stoffa. Vi confesso che, nel passato, c’è chi ha fatto del suo peggio per demoralizzarmi, ciò nonostante tutto ho sopportato e tutto potevo sopportare ancora, ma ultimamente non riuscivo a reggere lo sconforto causato dalla sensazione che fossi testimone di un tramonto, il ripiegamento del patchwork su sé stesso, la riproposizione di temi già visti, le fughe in direzione del puro effetto, le esibizioni velleitarie nelle quali mancavano sia l’arte che la tecnica, e, nota dolente, l’esiguità di un promettente ricambio generazionale. Le prime crepe si erano formate già qualche anno fa, quando erano troppo frequenti dei déjà vu, l’impressione di minestra riscaldata tanto per capirci, e a ricevere apprezzamenti e premi erano i soliti nomi noti. Ah, che madornale errore il mio! Ero cieca, ma ora vedo. Chi ha fatto il miracolo? Un solo nome: 25° Carrefour Européen du Patchwork.
Questo articolo è anche un avvertimento su quanto sia facile e difficile venire in giro con noi. Facile, perché non ci sono programmi precompilati, obbiettivi imposti e ruolini di marcia inderogabili. Difficile, perché si va un po’ all’avventura, adattandosi a ciò che si trova per via e sempre bendisposti verso l’imprevisto o l’insolito. Facile, perché non c’è nulla da fare tranne che lasciarsi trasportare, da un bus, un treno, una corrente, un’emozione, un’illusione. Difficile, perché lo si fa con la lentezza dettata dalle contingenze logistiche e dalla nostra indole flemmatica. Volendo metterci sopra il carico da undici mi si lasci rammentare quanto il nostro “stile” di viaggio possa apparire, a ragione, poco giudizioso.Continua a leggere →
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