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Mercoledì, primo Novembre, l’unico giorno della settimana che prometteva di non piovere, così ci siamo fidati delle previsioni meteo e abbiamo preso il treno per Treviso. Abbiamo avuto fortuna per ben tre volte, la prima perché effettivamente Giove Pluvio non s’è fatto vedere per tutta la giornata, la seconda perché con Trenitaglia sai quando parti ma non sai quando arrivi, la terza perché la mostra è tornata nella prestigiosa sede di Ca’ de Noal, e finalmente le opere si potevano ammirare con i giusti spazi.
Direi allora che sia il caso di dare un’occhiata a qualcuna delle opere esposte, almeno a quelle che mi hanno particolarmente colpito.
Iniziamo col dire che le quilter di Patchwork Idea non amano lanciarsi nella sperimentazione di nuove espressioni tessili, nella maggior parte dei casi sono fedeli alla tecnica classica che prevede la composizione Top-Batting-Backing, ma non per questo motivo sono rimaste ferme alla riproposizione di patchwork tradizionali che prevedono l’esclusivo utilizzo dei blocchi standard.
Un esempio per tutte, Pina Tricoli, la quale ha saputo offrire questa composizione intrigante grazie a un uso sapiente della composizione formale e cromatica.
Anche quest’anno non sono mancate delle opere “impressionanti” per dimensione e difficoltà tecnica, come per esempio questo fiore di Franca Berto, la quale sicuramente ama complicarsi la vita fin dai tempi de “L’avaro”, un patchwork composto da un’infinità di quadratini e triangoli.
Questo disegno attualmente sta andando per la maggiore negli USA, in quanto si presta a infinite e spettacolari variazioni cromatiche.
Spero proprio che Laura apprezzi tutto l’impegno che l’autrice ha profuso nel realizzare questa grande composizione tessile.
Non so se sia lei la fortunata destinataria del patchwork che avete appena visto sopra, quel che son riuscito a sapere è che ha visto parecchio della Francia, ma le manca di visitare la Camargue.
Ci sono stata, quando ho girato un po’ per il Midi, e posso dirvi che è molto suggestiva e merita il viaggio.
Comunque, anche senza esserci stata, in questo assemblaggio di blocchi tradizionali Laura ha riportato alcuni colori tipici che si possono incontrare in quella zona, i verde pallido delle erbe delle lagune, i grigi e i beige delle sabbie, gli azzurri e i blu dei fiumi e del mare, compreso il blu pastello che è tipico del Midi. Manca solo il rosa dei fenicotteri…
Non mi stancherò mai di ripetere che la bellezza di un patchwork non sta solamente nell’effetto speciale, nella difficoltà realizzativa, nel fascino del colore, ma anche nella sua eleganza, ossia la capacità di ottenere il migliore risultato possibile con elementi molto semplici, quasi essenziali.
Secondo me, l’opera qui sopra sta a dimostrarlo. Stoffe poco appariscenti, una geometria elementare, e delle foglie di tre o quattro colori diversi che si rincorrono sul quella superficie. Forse non sarà un patchwork da concorso, però a me dà esattamente la sensazione di vedere delle foglie che vengono sollevate da un refolo di Bora, e questo, a Novembre, ci sta.
Al contrario, c’è chi la vita ama complicarsela, come appunto Franca Berto, la stessa autrice di quel fantastico fiore che somiglia a un mandala.
Anche se i fiori non sono esattamente mille, ce ne sono abbastanza per far perdere la vista e il senno durante l’assemblaggio di questo patchwork, giacché ho stimato che siano circa 6500 (seimilacinquecento) gli esagoni impiegati per realizzarlo.
Veniamo allora a qualcosa di più “umano”, come questa bella composizione che utilizza il blocco tradizionale “Dresden Plate“, ma con delle originali variazioni che lo rendono quasi moderno.
Altre volte invece succede che per motivi tecnici qualche opera non sia illuminata in modo adeguato, e allora ci pensiamo noi a metterla in luce come merita.
I colori di questo patchwork non sono semplici da accostare, ma dosandone con gusto i volumi e gli incroci, Laura Fiumi è riuscita nell’impresa di realizzare un’opera abbastanza semplice nella forma ma intrigante nell’effetto.
Dopo tanta geometria, ecco un grazioso paesaggio minimo, giusto un’occhiata su un groppo di case che a loro volta ci guardano, o contemplano il fiume.
Anche se si tratta di un tema semplice, in questo applique è presente qualcosa che ormai sta diventando una rarità: la quiltatura a mano.
Non so se si sarà capito, ma sono le stranezze a interessarmi di più, e non potevo non iserire quet’opera di Flavia Favaro, sbilenca nella forma ma precisa nella composizione.
E ora, ecco due interessanti patchwork che stanno ai loro rispettivi antipodi, sia come scelta cromatica e sia come impatto visivo.
Il primo si caratterizza per l’assenza di colori vivaci, e pure per la scelta della composizione, misurata e asciutta. A tale sobrietà si accompagna una quiltatura tutt’altro che elementare, anzi quasi temeraria per la sua ricorsività.
Al polo opposto troviamo uno sgargiante rosso su fondo bianco, quasi dei fuochi artificiali rispetto al precedente. Lascio a voi l’arduo compito di esprimere una preferenza.
Mi piace concludere questo post con qualcosa di esotico e di tradizionale al tempo stesso: un hawaiano.
Si sa che questo tipo di opere tessili hanno una struttura semplice che non ammette troppe deroghe, ma in compenso permettono all’artista di esprimere la sua creatività attraverso il disegno, usando la stoffa come se fosse un pennello.