Le mille e una notte

Non ero sicura del titolo per questo post. Poteva anche essere “L’ultima follia di Rossana”.

Perché di follia si tratta, un tappeto, ovviamente imbottito, per coprire tutta una stanza, stanza che non aveva né un angolo retto e né delle dimensioni definite. Dopo aver prese, non senza difficoltà le misure, anche perché al centro della stanza (beh, circa in centro, sempre circa, tutto circa) se ne stava piantata una inamovibile gamba del tavolo, si trattò di studiare come diavolo realizzare questo tappeto.

Decisi per una divisione in 4 parti, tutte diverse, da unire col velcro. Non occorre dire che nei soliti negozi fu impossibile trovare del velcro color sabbia da 5 centimetri, sembrava che stessi domandando la Luna. Come al solito, Sir Internet giunse in mio soccorso, e trovai il tutto in Inghilterra.

Con la stoffa ebbi più fortuna, riuscendo a recuperare degli scampoli di un materiale da tappezzeria in varie tonalità di verde, giallo e crema. Erano giusto gli ultimi metri di stoffa, e perciò non avevo margini di errore, e non potevo sprecarne neanche un centimetro.

Operai come un pittore. Prima composi la base, con le stoffe da tappezzeria, poi aggiunsi i tronchi, e infine mi dilettai (per modo di dire) applicando le foglie. I problemi maggiori sorsero quando mi trovai a quiltare questo sandwich formato da un fondo pesante, il mollettone di imbottitura, la stoffa da tappezzeria, e sopra a tutto ciò, i tronchi e le foglie applicate. Ogni quarto di tappeto sembrava pesare come un quarto di bue, e la quiltatura era una vera faticaccia, per me e per la mia povera macchina da cucire. Se ne andarono circa 25 rocchetti di filo e spezzai un’intera bustina di aghi.

Però, almeno secondo me, ne valeva la pena. Il risultato mi ha ripagato di tanta lotta, dei mille e uno dubbi, imprecazioni, scorni, grattacapi. Alla fine mi sentivo stanca come se su quel tappeto avessi lavorato mille e una notte, ma, sempre alla fine, mi trovai a guardare un tappeto volante, non quello del libro, quello è una favola, bensì un tappeto vero, sul quale la mia fantasia aveva potuto prendere liberamente il volo per arrivare fino all’orizzonte dove si sposano i miei desideri con le mie capacità.

Basta parlare, è ora che vi mostri, con malcelato orgoglio, il frutto delle mie fatiche, e per farlo partirò dai dettagli.

Foglie di ippocastano e di tulipifero,

…i colori del tardo autunno,…

…su un tappeto d’oro…

…soli restano i nudi tronchi,…

…un bosco freddo con colori caldi…

…come su questo tappeto,…

…eccolo finalmente, scalda il cuore ma anche i piedi.

Non è male, sono veramente soddisfatta e, piccoli intoppi a parte, realizzarlo è stata un’avventura piacevole. Però non chiedetemi che ne faccia un altro.

P.S. Già che c’ero, con gli ultimi ritagli ho aggiunto questa piccola aggiunta strategica, un tappeto più piccolo da spostare dove serve. Si vede proprio che non imparo mai, oppure che la testa e le mani si mettono al lavoro a mia insaputa.

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