Abilmente Primavera – Vicenza 2012

Inevit-abilmente, anche questa primavera non volevo mancare all’appuntamento con la “Mostra-Atelier della Manualità Creativa” di Vicenza, più nota col nome di “Abilmente“.

Invari-abilmente è tornato a proporsi il problema di come arrivarci, visto che ultimamente Trenitalia si è messa d’impegno per far passare la voglia di viaggiare in treno (ammesso che questo ci sia).
Per fortuna la mia amica Angela, del Giardino di Angiolina, ha pensato bene di organizzare un viaggio in autobus, una bella comitiva, alla quale, vincendo la mia selvatichezza, mi sono aggregata anch’io.
Inevit-abilmente, per ovvi motivi logistici delle partecipanti, ci siamo andate di sabato, il giorno di massima ressa, o bolgia che dir si voglia.

La zona commerciale era, come sempre, frequentatissima, in particolare quella dove un fustacchione dotato di tutti gli optional, compresi una maglietta aderentissima e l’accento francese, illustrava il funzionamento di alcuni attrezzi per lavorare il legno e il vetro. Con studiata nonchalance si dilettava a ricavare, con nessuna apparente fatica, graziose decorazioni e cuoricini in legno, piccoli oggetti che poi am-abilmente offriva al pubblico femminile adorante, il quale non sapeva resistere alla tentazione di comprare e portarsi a casa tali meravigliosi attrezzi. Presumo che se avesse venduto dei trucioli grezzi di piallatura, prob-abilmente avrebbe riscosso un identico successo.

Tutte le bancarelle si presentavano, come sempre, inneg-abilmente strabocchevoli di stoffe, fili, fibbie, sagome, lane, colori, cartamodelli, bottoni, bijoux, perline, libri, stampini, attrezzature per disegnare, misurare, segnare, tagliare, cucire, ricamare, decorare, e finire (i soldi).
Per mia fortuna, anche volendo, non saprei più dove mettere neanche uno spillo. Gli armadi in casa scoppiano di materiali, frutto di romantiche campagne di acquisto e di oculate strategie di recupero. Ho mille lavori in piedi (o meglio, sul tavolo) e devo decidermi di finirli prima di impelagarmi in nuove avventure. Ma la varietà dell’offerta era tale che se non fossi già così attrezzata, prob-abilmente mi sarei gettata a capofitto sugli espositori, caricandomi di mille cose da portare a casa, proprio come una mia collega che mi è capitato di veder passare, con: un trolley, un zaino più alto di lei, e due borse, una per mano. Mi ha fatto tenerezza e invidia assieme.
Però, nonostante le mie ferme convinzioni e i più convinti propositi, inspieg-abilmente (ma neanche tanto) non sono riuscita a frenarmi, e ho comprato alcune cosette che erano troppo carine per lasciarle lì.

A questo punto vi domanderete perché ero lì se non avevo intenzione di fare acquisti.

Ma per la mostra, no?

Or incomincian le dolenti note…

Il programma era invitante; oltre all’Atelier del Patchwork, una mostra in collaborazione con Quilt Italia, dedicata ai lavori di varie associazioni del Veneto, si sarebbero potute ammirare anche delle creazioni giapponesi e le opere selezionate per il concorso “Enchevêtrement” (groviglio), tenutosi l’altr’anno in Val d’Argent, l’università del patchwork in Europa.

Bene i lavori esposti dalle associazioni venete, alle cui mostre cerco di non mancare mai. Benino lo stand di Quilt Italia, dove avrei voluto chiedere come mai la rivista arriva invari-abilmente con tre mesi di ritardo, e perché il loro sito web non è sempre aggiornato, ma mi sono trattenuta perché me ne sarei uscita con qualche frase insopport-abilmente caustica.

Ma la mostra “Enchevêtrement“…

Non so a chi sia venuto in mente di sistemare i quilt in quella maniera. Fatto sta che, a esser magnanimi, erano esposti in modo “infame”.
1 – La posizione: una zona di passaggio, caotica, assolutamente inadatta, direi quasi irrispettosa verso la qualità dei lavori
2 – L’illuminazione: assurda, con dei punti luce dietro ai lavori e nessuno spot a illuminarli come si deve.
3 – Il supporto: inadatto per tinta e trama a valorizzare le opere esposte. Se il tema del quilt è un groviglio, appenderlo sopra un altro groviglio non penso che sia il metodo migliore per metterne in evidenza le qualità.
4 – La visione: assolutamente impedita dalla barriera di sedie, utilissime per prendere fiato, maledettissime perché impedivano di avvicinarsi ai lavori esposti.
Un vero peccato in quanto avrebbero meritato di essere ammirati con maggior attenzione, soprattutto nei dettagli, ovvero quelli che fanno di un bel quilt un meraviglioso quilt.
La riprova che stavolta gli organizzatori hanno miser-abilmente toppato, mi è stata fornita da alcune compagne di viaggio le quali, al ritorno, hanno candidamente confessato di non aver notato la mostra “Enchevêtrement“, passata irrimedi-abilmente inosservata

Pazienza, vuol dire che la prossima volta (se ci sarò), mi attrezzerò di binocolo e teleobiettivo.

Comunque di foto ne ho fatte lo stesso con la mia economica compatta e, tanto per darvi un’idea, vi propongo questa carrellata di immagini.

Indubbiamente erano dei bellissimi lavori, e già solo questi valevano il viaggio fino a Vicenza.

“Labyrinthe”, Martine Mollet Bastien
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Ecco degli esempi di come NON esporre un quilt,…
“Literay Tangle”, Teresa Gai – “Quiltech Tangle”, Verena Giavelli
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… oppure come NON illuminare un quilt.
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Pazienza, consoliamoci con queste pregevolissime opere…
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“Needles Boxes”, Leena Huhta Karna – “Tangled Town”, Rhoda Bennett

 

“Invaded Space”, Turid Tonnessen – “Moosgeflecht”, Silke Bosbach
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“Métissage Flou”, Christine Mouget
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“Doodles”, Amelure
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“Genesis”, Irina Voronina
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“Gedankenkorrosion”, Monika Sebert
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www.medien-verflechungen”, Monika Von Horde – “Saison 5″, Linda Colsch
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“An Old Tree Trunk”, Petra Kooij

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“Enlacement Urbain”, Olivia Uffer – “La Réserve”, Solange Lasbleis

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“Utopie”, Ana Galvez – “Joan D’Arc”, Shin-Hez Chin
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“La Toile”, Marianne Bender
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“Personality”, Uta Lenk – “Dans la Foret”, Ghislaine Berler Garcia
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“Naturliches Netzwerk”, Britta Pandel Rood
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Che altro dire?

È stata sicuramente una bella gita, e più di qualcuna è tornata a casa ebbra di colori, visioni, progetti,… e chiacchiere. Tutta la mia solidarietà va all’autista del nostro autobus, il quale si è dovuto sorbire una comitiva di mezze pazze, eccitate da quanto avevano visto e quanto (tanto) avevano comprato.

Del resto, lo scopo della mostra-atelier era principalmente quello di offrire un supporto tecnico alle appassionate, sempre in difficoltà a trovare i materiali e le attrezzature adatte. In una giornata si può fare la scorta per tutto l’anno, senza doversi scapicollare da un negozio all’altro per trovare quel particolare bottone, quella particolare stoffa, quel particolare piedino, quel particolare righello, che quando si va a chiedere, invari-abilmente sembra che si stia parlando di qualcosa che esiste solamente in un universo parallelo.

Quindi, bene la parte commerciale, meno bene quella espositiva, anche se è arcinoto come io sia inneg-abilmente incontentabile, ma solamente perché sono incroll-abilmente certa che si possa sempre migliorare, cercando di armonizzare “abilmente” le due anime della mostra.

Vedremo.

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