Bassano 2017

Bassano del Grappaaa,… si scendeeeeee…
bassanotreno02Bene, siamo finalmente arrivati a Mitrovica, oops, lapsus freudiano, intendevo dire a Bassano del Grappa, questa bellissima cittadina attraversata dal Brenta, e ci siamo per la mostra organizzata dall’associazione Bassano Patchwork.
Anni indietro mi capitava di vedere nello stesso giorno la mostra di Treviso e quella di Bassano, una sorta di Quilting Day molto eccitante, ma pure molto faticoso. Dai e dai, mi sono fatta furba (incredibile, ma vero!), e quest’anno ho deciso di prendermela comoda. Dopo la puntata a Treviso ho preso il treno per Bassano, dove mi aspettava una camera per la notte, così da arrivare alla mostra con occhi riposati, pronti ad accogliere le nuove immagini che mi si sarebbero presentate.
Per inciso, potevo scegliere io un banale hotel, un albergo, un Bed&Breakfast, una pensione, uno chalet? Ovviamente no.
Finora avevo considerato U Malého Vítka, a Český Krumlov, il posto più strano e originale dove avessi dormito, invece il Palazzo Zelosi, un edificio seicentesco sorto dalla trasformazione di un antico convento, è ancor più suggestivo.
p1120369Pur essendo la struttura adeguata ai nostri tempi, essa riesce a mantenere un’atmosfera monacale, pur senza essere spartana, quasi in ossequio all’augusto passato. Posso dire di essermi trovata benissimo, in una stanza molto silenziosa, senza (aaah, finalmente) televisore, e assistita da personale gentilissimo. Un bijoux.
Abluzione, vestizione, prima colazione, sono pronta, andiamo.
Ovviamente piove.
bassano2017-e1510948575508A Palazzo Agostinelli c’arrivo a memoria, sarà ormai una decina d’anni che non manco a una mostra di Bassano Patchwork. Però questa è un’edizione speciale, in quanto si celebra il ventennale dell’associazione.
Eh sì, venti anni, venti nei quali è successo di tutto, i libri di Harry Potter, l’alluvione di Sarno, la guerra in Europa, la bufala del Millenium Bug, l’attentato a New York, la nascita di Wikipedia, l’Euro, l’arrivo di Google, Facebook e Twitter, il crac di Lehman Brothers, il terremoto a l’Aquila, un presidente nero alla Casa Bianca, il disastro nucleare di Fukushima, i drammi nel Mediterraneo, e tanto tanto ancora.
Venti anni sono tanti, e mantenere la voglia di fare, sperimentare, sbagliare, riprovare, esporsi, mentre tutto il mondo attorno cambia e sembra impazzito non è solo tenacia, è un atto di fiducia nel futuro.
Ora che ci penso su, quasi quasi mi viene voglia di andare a ribaltare qualche vecchio scatolone, giusto per vedere cosa, e come, combinavo io venti anni fa. Forse è meglio di no, forse potrei scoprire che quando pensavo di essere bravina non lo ero affatto, oppure, au contraire, che tutto sommato non sono migliorata molto. Meglio lasciar perdere, meglio tornare a Bassano del Grappa.
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Marisa Perli – Luci nella notte

L’ingresso è, come sempre, spettacolare, con grandi lavori in bella vista.
p1120380A sinistra il “Divertimento geometrico” di Chiara Camonico, mentre il grande patchwork a destra è di Bruna Toffanello, e si intitola “Dal taschino al letto”, essendo realizzato con eleganti fazzoletti da taschino. Per quanto riguarda il bel quilt di Chiara, sono contento che almeno lei si diverta, in quanto io dei miei quilt ho solamente memoria di momenti sconfortanti, dubbi amletici, visioni insoddisfacenti e litigate con la stoffa, il filo, il cutter, la macchina, e chiunque passasse a meno di tre metri di distanza.

 

p1120379L’opera al centro, un po’ crazy e un po’ casual è realizzata con stoffe jeans. Alessandra Piva l’ha intitolata “L’anima dei tessuti oltre i tempi”, suppongo per suggerire che gli intramontabili blue jeans hanno scoperto come sconfiggere, attraverso il patchwork, la dittatura del tempo (se mi sbaglio mi corrigerete).
L’opera a destra è apparentemente semplice, infatti di intitola “Semplicità”, il che fa rima e però non si accompagna alla “facilità”. L’accostamento di stoffe a temi di paisley, rosette e chioccioline, tutte sul beige, crema, écru e affini poteva risultare lezioso, invece Adele Poli è riuscita a richiamare lo stesso facino delle venature del legno, aiutandosi con una fantasiosa quiltatura con filo grosso (sashiko?).
Dal molto grande al molto piccolo, come questo paesaggio minimo che Concetta Ferrazzi ha trovato da qualche parte e ha pensato bene di trasporlo su stoffa.
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Concetta Ferrazzi – Piccolo villaggio nordico di pescatori

Raro ricavare tanta profondità con così pochi elementi, e ancor più rari sono quei colori sulle rive della Scandinavia. Il nostro cielo è usualmente azzurro, e il mare lo riflette, più scuro, in blu. Al Nord il cielo è, per troppi giorni, sconsolatamente grigio, e il mare lo riflette, più scuro, in nero.

 

Uno dei blocchi più versatili è il Log Cabin, la capanna di tronchi. Vi si possono ottenere dei patchwork tradizionali, fedeli fino all’ortodossia, ovvero alla copia di quelli che venivano realizzati un secolo e mezzo fa, oppure ci si può sbizzarrire in nuove composizioni, talmente innovative da nascondere, pur mantenendola, la struttura del blocco originale.
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Bruna Sperotto – Log Cabin, che passione!

 

Certo è che quando si hanno tali spazi a disposizione, per sistemare i quilt c’è solamente l’imbarazzo della scelta!
p1120417Da sinistra a destra (solo quelli grandi), “Le prime luci dell’alba” di Carmen Zolesi, “Il giro del mondo in 208 siggy” di Grazia Moro, “Tepore d’autunno” di Pina di Grazia.
Grazia Moro ha assemblato ben 208 tessere, giunte da ogni parte del mondo, per comporre un patchwork transnazionale. Si può ben dire che si tratta di un lavoro a 416 mani! Eccovi alcuni dettagli.

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Marita Hoffinger, ovvero non solo patchwork.
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Marita Hoffinger – Strani alfabeti

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Marita Hoffinger – Poltroncina con stoffa dipinta a mano

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Marita Hoffinger – Amaral

Queste sono le tre opere che ho inserito in questo post, tanto per darvi una vaga idea della versatilità di questa artista (la definizione ci sta tutta). Le altre immagini le trovate, come sempre, nel mio album di Flickr. Lei ha iniziato come quilter, col patchwork tradizionale, poi ha intravisto orizzonti nuovi, applicazioni diverse, tecniche alternative, e oggi è in grado di ottenere delle opere d’arte applicata utilizzando un panel di materiali che va dal lino alla pelle, e scusate se è poco.
Mi va di chiudere questo articolo con qualcosa di diverso dai classici quilt, che ne so, una pratica borsa…
dscn3033… oppure questa strana storia di Francesca Amato, …
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Francesca Amato – C’era una volta

 … fino a una bizzarra finestra sul mondo immaginario e immaginato da Chiara Camonico.
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Chiara Camonico – Dal buio alla luce

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A questo punto giudicate voi se le quilter di Bassano Patchwork hanno fatto bene a lambiccarsi il cervello, bucarsi le dita, consumarsi gli occhi per vent’anni. Questo articolo non è un reportage, non è esaustivo e nemmeno imparziale, è bensì la mia testimonianza di un traguardo che due decenni fa sembrava lontanissimo e forse, in qualche momento, irraggiungibile. Per (amara) esperienza personale, conosco quanto possa essere complicata la convivenza di anime diverse in uno stesso gruppo, perciò non posso che invidiare/temere una così duratura comune adesione a un progetto artistico e sociale, con la non segreta speranza che possano passare il testimone (o, se preferite, il virus) a una generazione più giovane, per formare, ispirare, spronare le quilter di domani, e di dopodomani, o almeno fino a quando avrò voglia e forza di tornare a Bassano del Grappa.
A proposito di voglia e forza, vorrei raccontarvi un curioso episodio che mi è capitato durante il viaggio di ritorno, nel senso che per sopportare certi disagi ci vogliono buona voglia e forza di sopportazione, e chi non viaggia con Trenitaglia non sa cosa si perde.
Per vari motivi che non sto qui a dirvi, dopo la mostra colsi l’occasione di una scappata a Castelfranco Veneto per visitare le esposizione dell’evento “Le trame di Giorgione”, anche grazie alla cortesia oltre ogni misura di chi mi ci ha accompagnato in auto.
Bene, viste le esposizioni, si trattava di tornare a Mestre in treno. Niente di che, solo una passeggiata di un quarto d’ora dal centro in stazione, peccato che arrivati lì scoprii sul tabellone della sala d’aspetto che il treno delle 17:46 aveva un ritardo di 25 minuti. Grrrrrrr.
Ora ditemi voi come fa un treno che parte da Bassano e ferma a Cassola e Castello di Godego ad accumulare 25 minuti di ritardo.
Non resta che attendere, e con me attende qualche decina di persone, 17:50, 17:55, 18:00…, tutto a un tratto una voce metallica e aliena si fa sentire: “il treno regionale 5853 per Venezia Santa Lucia… ecc. ecc. ferma a  Piombino Dese, Noale Scorzè, ecc. ecc. … è in arrivo sul binario 1. Allontanarsi dalla riga gialla“. Tutti fuori su marciapiade, il treno è in anticipo sul ritardo. Meno male!
Passano cinque minuti e il treno non si vede, però viene aggiornato il tabellone sul binario. Ora il treno per Venezia è previsto con 35 minuti di ritardo.
Nooo, ma come, ancora peggio di prima! Fuori fa freddo, perciò tutti di nuovo dentro in sala d’aspetto.
Appena seduti, arriva il treno. Non si sa più se ridere o se piangere. Chissà che roba si fumano quelli…
Vi ho raccontato questo tragicomico e surreale episodio per il gusto di farvi sorgere un sorriso lungo mezzo secondo, ma anche per farvi capire che la passione per il patchwork non è solamente tagliare, comporre, cucire, no, la passione per il patchwork è anche questo, e talvolta è veramente una “passione”.
Ahoj
 

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