Piove, il che mi ricorda qualcosa, un altro giorno di pioggia di circa un mese fa.
Questo gocciolante promemoria mi riporta a Treviso, a un pomeriggio dedicato alla mostra organizzata da Idea patchwork.
Era da un bel po’ che non mi si riproponeva il fatale connubio pioggia-patchwork, perciò quando scesi dalla tradotta di Trenitaglia e venni investita da una spruzzata di gelida acquerugiola, ebbi conferma che tutto stava andando secondo i piani, ovviamente non i miei.
L’esperienza porta con sé i suoi vantaggi, si sa, tra questi un robusto ombrello, un paio di stivali adeguati, un giubbotto impermeabile e una pasticceria nei pressi di Ca’ de Noal dove gustare un corroborante macchiatone.
Prima di iniziare a parlarvi della mostra mi sento in dovere di farvi una confessione: io non ci volevo andare, non nel senso che mi ci hanno obbligata, ma dalle immagini che avevo trovato in rete mi ero fatta l’idea che le opere esposte non valessero il viaggio (e la pioggia, naturalmente).
Ora posso dirlo, sarebbe stata una pessima idea, e sono certa che le immagini che ho inserito nel post lo confermeranno, anche se queste fotografie, come sempre del resto, non riescono a restituire tutti i dettagli in grado di far apprezzare il valore di un quilt.
Dunque,… “Labor de retazos, tessuti e tendenze”, direi che il titolo ha una sua logica.
Ci sono i patchwork, va da sé, e questi di solito sono realizzati in tessuto, anzi, in tanti tipi diversi di tessuto, dalla seta alla juta, ma le tendenze?
Si sa che ogni quilter degna di questo nome è “tendenzialmente” estrosa (anche se mi è capitato di udire definizioni meno bonarie), con un’insanabile “tendenza” a complicarsi la vita, a spezzettarla in tanti piccoli momenti di lavoro per ricomporla in una rappresentazione artistica del suo modo di vedere (o di sognare).
La quilter “tende” a misurare le cose non per le originarie proprietà di quelle, ma per le originali combinazioni di quelle quando sono diverse; non chiedetele mai se le piace un colore, ma se le piace quel colore accanto a un altro, e quando la quilter osserva una stoffa, nella mente ne vede almeno altre due, e “tendenzialmente” sta già pensando a come accostarle.
Suppongo che, in realtà, nella mostra di Treviso si volesse aprire un discorso sulle “tendenze” applicative dell’arte tessile, quindi non solo pannelli, coperte e arazzi, ma anche vestiario e oggettistica, e tutto quello che una stoffa può contenere, limitare, descrivere, decorare, imitare. Perché limitarsi alla stoffa poi, dato che anche altri materiali possono essere trattati come e talvolta meglio di un tessuto, perciò largo alle nuove idee, ma che siano originali, non come talvolta capita “di tendenza”.
Indubbiamente originali sono queste piante da appartamento, tanto originali quanto pratiche, dato che se la cavano benissimo anche se ci si dimentica di innaffiarle.
Se la “tendenza” attuale è quella di pescare dalle tecniche del patchwork alcune idee per realizzare degli abiti come questo qui sotto (bellissimo, ma bisogna anche essere bellissime per indossarlo),…
… c’è chi ha dimostrato che “tendenzialmente” qualsiasi materiale abbastanze flessibile da modellare, abbastanza sottile da tagliare, abbastanza morbido da cucire, ben si presta alla la creazione di uno sfarzoso abito da donna, anche una maschilissima “La Gazzetta dello Sport”.
Però noi siamo qui per il patchwork, o almeno quel tipo di patchwork che fa bella mostra di sé su una parete, su un letto, su una cassapanca, oppure, nei casi peggiori (ma non rari) ingolfa cassetti e armadi.
Allora andiamo a incominciare.
Il primo l’avrete già notato in testa all’articolo, le gocce d’acqua, quelle che, grandi e piccole, bagnano il vetro di una finestra esposta al vento durante una giornata di pioggia, proprio come oggi, l’oggi di Treviso e l’oggi di qui. Ogni goccia ha percorso un bel po’ di strada prima di arrivare fino a noi, e per quanto lunga essa sia stata, la goccia cessa di esistere come tale dopo pochi istanti, solo il tempo di apparire come un effimero diamante liquido capace di catturare la luce, dividerla, rifrangerla, rifletterla, e perciò, se saremo attente, osservando quella singola goccia scopriremo un mondo diverso, ma anche, di riflesso, una piccola parte di noi, almeno fino alla prossima goccia.
Ogni anno Patchwork Idea espone delle opere di grande impatto visivo.
Come altre espressioni artistiche, anche i quilt sono soggetti al gusto personale, di chi li pensa e di chi li osserva, ma è innegabile che per realizzare lavori simili ci vogliano coraggio e abilità (e una macchina da cucire longarm).
Dopo un’opera tutta curve, ecco adesso la specialità della casa, i triangoli.
Se il soggetto è in apparenza semplice, quasi elementare, l’opera in sè stessa è abbastanza complessa, difficile l’accostamento dei colori, difficile il rispetto delle linee, difficile la quiltatura manuale, e in verità, date le dimensioni extra large, anche difficile da fotografare
Ancora uno e poi basta, poi torniamo alle dimensioni “umane”.
Un po’ Art Noveau e un po’ di Giappone per questo patchwork di Emy Coletti Ramanzini. Di tanti aggettivi che si potrebbero usare per definirlo, a me piace “delicato”. La fotografia non rende assolutamente giustizia alle sfumature di colore, con i rossi che vanno dal magenta al granata passando per il cremisi, per non parlare di quel celadon pallido di sapore orientale…
Accanto a un’opera del genere il cartello “Non toccare” è inutile, la sensazione di delicatezza che trasmette, la stessa di un evanescente incantesimo, ci trattiene dall’andare oltre la contemplazione.
Di fiori nel patchwork ne ho visti, barocchi, stilizzati, geometrici, romantici, y más, ma pazzi mai, questa è la prima volta, e devo dire che è stata una gradevole sorpresa.
Quanto mi vanno a genio queste composizioni, allegre ma non pacchiane, colorate il giusto, apparentemente casuali, ma frutto di attento studio e gusto della composizione; non mi stancherei mai di guardarle!
Se desideraste altri fiori potremmo uscire in giardino, quello di Alice per esempio.
Si tratta di una festa di fiori ricamati dentro piccoli esagoni, ogni tessera un fiore diverso. Osservando il dettaglio appare evidente l’abilità di Claudia Stancanelli, tanto che io avrei intitolato quest’opera “Il giardino di Alice, nel paese delle meraviglie”.
A proposito di fiori, nemmeno questi passano inosservati.
Contestualmente alla mostra si è svolto un concorso informale per decretare quale patchwork è stato il più gradito dal pubblico. Ebbene, quando sono arrivata alla mostra le votazioni erano già chiuse, però mi va di manifestare qui la mia preferenza per quest’opera di Joanna Soloch. Sapevatelo.
Del resto non ho mai fatto mistero del fatto che amo le composizioni “difficili”, se non addirittura “improbabili”, e riuscire a far sposare il blu e il rosso senza che nessuno dei due vibri o che uno uccida l’altro è senz’altro un risultato straordinario. E poi guardateli quei papaveri, escono dalla stoffa!
E ora, cinque minuti di patchwork filosofico, o se vi piacciono le parole inventate, di “patchosofia.”
Osservate la figura sottostante,
Niente di nuovo, mi si dirà, si tratta del tradizionale blocco “Diamond in Square“, visto mille e mille volte con mille e mille variazioni sulle trapunte amish.
Esatto, noto che avete studiato. Ma ora osservate la figura di prima con l’indicazione di alcuni elementi fisici,
Si tratta dello schema dei quattro elementi che Filistione di Locri (IV secolo a.C.) stilò sulla base dei principi filosofici di Anassimene di Mileto e anche di Empedocle poi, le quattro radici (rhizai) che formano tutte le cose, le quali sarebbero, nell’ordine, fuoco, aria, agua, terra. Questa suddivisione in quattro elementi ha poi trovato applicazione nella terapia umorale di Ippocrate, nella tetraktys pitagorica, la quale comprende l’intera natura dell’universo, e persino nell’astrologia, con i segni di fuoco (Ariete, Leone, Sagittario), d’aria (Gemelli, Bilancia, Acquario), d’acqua (Cancro, Scorpione, Pesci) e di terra (Toro, Vergine, Capricorno), e mi fermo qui.
Ebbene, se voi eravate convinte che il patchwork avesse le sue radici nella cultura americana vi stavate sbagliando per difetto, in quanto noi possiamo vantare dei collegamenti con antichissimi concetti di filosofia, matematica, alchimia, astrologia, e medicina. Quindi, de aquí en adelante, se qualcuno arriverà a considerare con sufficienza la nostra comune passione, perdonatelo perché non sa quello che dice.
Ma perché questa escursione filosofica?
Mi serviva come cappello per presentare alcune opere che hanno fatto parte del concorso “I quattro elementi…acqua, aria, fuoco, terra”, organizzato quest’anno da Quilt Italia e Manualmente
Patchwork Idea ha ospitato nella sua mostra le opere che hanno partecipato al concorso, e io vi presento le quattro che mi hanno colpito di più, una per ogni elemento.
Pingback: Treviso 2017 | My3Place
Ogni lavoro è una meraviglia ,l’arte non ha confini di generi ,c’è solo ammirazione .
Ma l’arte andrebbe anche sostenuta, il che, desafortunadamente, non sempre avviene. Per esempio mi è giunta voce che per le prossime edizioni la sede di Ca’ de Noal potrebbe risultare non più disponibile.
Sempre più spettacolari!
È così che deve essere