prémisse, tanto per esser chiare (ma quando mai…). Su questo post non tratto di patchwork, di cucito creativo, e nemmeno di stoffa, ma in fin dei conti nulla può prescindere dal patchwork, dal cucito creativo, e dalla stoffa. Cerco di spiegarmi (illusa…). Anamnesi: inverno, poca luce, polso e mano doloranti, umore grigio ardesia, ispirazione latitante. Diagnosi: metereopatia strisciante e inizi di malinconia. Prognosi: aggravamento dei sintomi in assenza di trattamento polifunzionale. Cura: vedi qui, di seguito. Eccola qua la mia cura. Per il mio compleanno mi sono fatta regalare un fine settimana in Carinzia. Ho tagliato con tutto, i problemi, la casa, le solite faccende, le solite facce. E ho ricucito, con il viaggiare, il curiosare, lo scoprire, il fantasticare. Non immaginatevi cose stratosferiche, si è trattato di un semplice (per me) viaggio in treno, qualche passeggiata su e giù per Villach e per Klagenfurt, una bella scarpinata sulla neve, e, tappe obbligate, le caratteristiche birrerie e gli accoglienti caffè del posto. Tanto è bastato per ritrovare i pezzi di me che avevo un po’ perso per strada, quelli che compongono il mio modo di avvicinarmi al patchwork e alla mia creatività. Appena tornata a casa ho scoperto che quella piccola fuga in Carinzia ha riacceso il mio piacere di tagliare per ricucire, si potrebbe definirla una fuga d’amore. Infine, ancora colma di belle immagini e fugaci tentazioni, ho preso la decisione di utilizzare finalmente tutti quei tessuti pregiati che, per assurdo timore reverenziale, esitavo a tagliare. Posso dire di essere stata fortunata, primo perché la mia agenzia di viaggi aveva, come al solito, organizzato tutto benissimo, ovvero non aveva programmato praticamente niente, secondo perché quella stessa perturbazione meteorologica che in quei giorni stava flagellando l’Italia (senza contare la Bora a casa mia) mi ha regalato una nevicata coi fiocchi (di neve, il est évident), qualcosa di inaspettato, e perciò ancora più gradevole. Di quella gita ho realizzato un breve filmato, giusto qualche immagine suggestiva, niente di più dell’eco delle mie sensazioni dell’attimo fuggente. Ancora un piccolo inciso. La colonna sonora. Trattandosi di Austria ci si potrebbe aspettare qualche valzer o qualche allegro brano folcloristico, e invece no, vi troverete l’aria “Lascia la spina, cogli la rosa” di Händel. Perché questa scelta in apparenza incoerente?. Ce lo spiega il testo dell’aria.
Lascia la spina, cogli la rosa; tu vai cercando il tuo dolor. Canuta brina per mano ascosa, giungerà quando nol crede il cor.
Pensateci, è inutile rattristarsi, bisogna andare sempre in cerca della felicità, si, prima o poi il dolore arriva lo stesso in forma di canuta brina, quella che opprime col gelo esiziale e quella che imbianca i capelli (compresi, da tempo, i miei). Via allora, tagliare fuori la malinconia e gioire, anche solo per un attimo, anche se essa è un’amante gelosa e non ci abbandonerà mai del tutto.
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Tutto bellissimo. Anche avere l’angelo custode.
Custode? Casomai tentatore…