Malborghetto 2017

Evviva! Dopo un mese e mezzo di stop per causa di forza maggiore (frattura del polso) si poteva riprendere in mano, anzi in due mani, il blog.
Invece, appena pubblicato l’articolo sulla mostra di Maniago, sono iniziati i problemi telefonici, e perciò anche di internet, fino al collasso della linea. A detta dei tecnici, la linea che serve la nostra frazione fa leggermente schifo a causa di vecchi cavi aerei, riparazioni provvisorie (e perciò permanenti), giunti di tipo gordiano, dispersioni e disturbi vari.
Dopo settimane di black-out la lucina del modem è finalmente tornata verde (ma del doman non v’è certezza), e anche se la velocità di connessione è, sembrava impossibile, ancora più bassa di prima, cercherò di mettere in rete un nuovo post.
Speriamo bene.valbrunapatchworkclub_logo_01-300x300
Allora, andiamo a cominciare. Continua a leggere

Geo

La geometria (dal grecP1100031o antico γεωμετρία, composto dal prefisso geo che rimanda alla parola γή = “terra” e μετρία, metria = “misura”, tradotto quindi letteralmente come misurazione della terra) è quella parte della scienza matematica che si occupa delle forme nel piano e nello spazio e delle loro mutue relazioni. (Fonte  Wikipedia)
Già sappiamo che la geometria ha un ruolo importante nel patchwork, nel bene, quand’è struttura di composizioni ammirevoli, e nel male, quando ci fa soffrire perché la perfezione (millimetrica) non è di questo mondo.
Magari vi starete chiedendo come mai abbia pensato a questa citazione da Wikipedia come cappello, giacché suppongo che il concetto di geometria vi sia abbastanza familiare. Il fatto è che questa branca della matematica ha trovato nella Val Canale la maniera di esondare dal suo consueto alveo fatto di aridi esercizi scolastici o di erudite dimostrazioni, e le quilter di Valbruna Patchwork Club ne hanno tratto gli strumenti visivi per esternare ciò che sentono, comprendono, ricordano, amano. Continua a leggere

Malborghetto 2015

ValbrunaPatchworkClub_logo_01Capitano ogni tanto delle giornate strane, giornate che sembrano durare il doppio, il triplo, giornate nelle quali la realtà sembra perdere consistenza per diventare liquida come il sogno, giornate difficili da dimenticare ma altrettanto difficili da ricordare con la sicurezza della verità.
Proprio per quest’ultimo motivo mi trovo costretta a scrivere di questo mio viaggio a Malborghetto mentre ancora sento sulla pelle la frescura del suo torrente, con intatte le mie impressioni di solitudine e di extratemporalità, quando ancora non mi sono ripresa dallo stupore di una combinazione inattesa e particolare.
Cominciamo col dire che già il viaggio predispone l’animo alla calma, perlomeno il “viaggio” come io lo considero tale, ovvero senza l’automobile.
Per arrivare a Malborghetto, che poi si trova solamente a una decina di chilometri da Tarvisio, bisogna prendere un trenino, un mezzo di poco più grande e veloce di un tram che arriva fino a Carnia. Da lì c’è un bus che, di paesino in paesino, ci porta fino a destinazione, e perciò il viaggio sembra non finire mai (il che non è sempre un male, anzi…). In tempi lontani c’era un treno che, prima di arrivare a Tarvisio, fermava a Malborghetto, anzi ce n’erano cinque nell’arco della giornata, ma ora quei tempi sono passati, ora si viaggia ad alta velocità, ma solo dove vuole la matrigna Trenitaglia, e a Malborghetto il tempo scorre troppo lentamente per adeguarsi alla velocità richiesta dal business.
Però… e però… appena scesa dal bus mi trovo di fronte a un piccolo paese stretto tra la montagna e il torrente Fella, sotto un cielo che vira dal cobalto al fiordaliso, e ho il presentimento che potrebbe essere una giornata singolare.    Continua a leggere