Geo

La geometria (dal grecP1100031o antico γεωμετρία, composto dal prefisso geo che rimanda alla parola γή = “terra” e μετρία, metria = “misura”, tradotto quindi letteralmente come misurazione della terra) è quella parte della scienza matematica che si occupa delle forme nel piano e nello spazio e delle loro mutue relazioni. (Fonte  Wikipedia)
Già sappiamo che la geometria ha un ruolo importante nel patchwork, nel bene, quand’è struttura di composizioni ammirevoli, e nel male, quando ci fa soffrire perché la perfezione (millimetrica) non è di questo mondo.
Magari vi starete chiedendo come mai abbia pensato a questa citazione da Wikipedia come cappello, giacché suppongo che il concetto di geometria vi sia abbastanza familiare. Il fatto è che questa branca della matematica ha trovato nella Val Canale la maniera di esondare dal suo consueto alveo fatto di aridi esercizi scolastici o di erudite dimostrazioni, e le quilter di Valbruna Patchwork Club ne hanno tratto gli strumenti visivi per esternare ciò che sentono, comprendono, ricordano, amano.
Fateci caso, il titolo della mostra era “Follia di triangoli“, già, proprio il triangolo, la figura geometrica protagonista di famosissimi (e temutissimi)  teoremi, ma anche una forma che appare sempre in quei paraggi, da qualsiasi parte si volga lo sguardo, e magari le quilter ne sono rimaste inconsapevolmente condizionate. Che siano lo Jôf Fuart, lo Jôf di Montasio, o anche il più modesto Monte Lussari, sempre appaiono alla vista come giganteschi triangoli. Sulle loro pendici si arrampicano folti i boschi di conifera, acuti triangoli verde scuro, schiere e schiere di abeti. E quando la foresta si apre o viene domata, ecco apparire case e fienili caratterizzati da un alto tetto spiovente, l’ennesimo triangolo.
Più che follia di triangoli potremmo chiamarla una folla di triangoli; la follia sarebbe quella di non scorgerli e di non ricavarne un’impressione.

Le quilter di Valbruna Patchwork Club hanno dato forma visibile e tangibile a una definizione altrimenti astratta, perché l’etimologia originale di “geometria” è “misurazione della terra”, e loro questo hanno fatto, l’hanno ben misurata con gli occhi e con il sentimento, dopodiché con i mezzi a loro disposizione l’hanno trasposta su stoffa.
Di più, non si sono limitate a rappresentare, ma hanno svelato, a modo loro s’intende, qualcosa di personale in rapporto a quella terra, e come le parole sulla carta sono legate da un filo di inchiostro, così quelle sulla stoffa sono legate da un filo di cotone, perciò oltre alla geometria si può ben parlare di geografia.
Basta chiacchiere, altrimenti a furia di scavare sotto la bella superficie di un quilt finirei per fare della geologia.
Ora comincia per me la parte più difficile, quella di scegliere quali opere inserire in questo post. Il dubbio è, come sempre, tra quelle che ho trovato più rappresentative e quelle che mi sono piaciute di più.
La mostra si teneva nel meraviglioso palazzo del XVII secolo nel centro di Malborghetto, sede anche del locale Museo Etnografico (da visitare).
Palazzo Veneziano - XVII secolo

Palazzo Veneziano – XVII secolo

Follia di triangoli, dicevamo, e allora ecco una carrellata di triangoli per tutti i gusti, perché se pensate che un triangolo sia solamente un triangolo non avete ancora visto niente.
Equilateri, solo apparentemente equilibrati, un po’ ingannatori, mostrano sempre la stessa faccia, anche se non è mai la stessa. Quando si sentono minacciati sono capaci di compattarsi formando un muro impenetrabile.
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Rettangoli, personaggi tutti d’un pezzo, però con una forte crisi di identità (vedi il nome), perciò spesso amano specchiarsi per cercare il quadrato che c’è in loro.

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Badate agli isosceli; se non fate attenzione questi si combineranno in maniera da confondervi le idee. Sono abilissimi nel mimetizzarsi in mezzo a qualsiasi figura geometrica, e ve li trovate dappertutto, come il prezzemolo, o le formiche.
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Ma i miei preferiti restano i triangoli strambi, notoriamente imprevedibili e pungenti. Non seguono alcuna regola, tranne quella che loro stessi si danno, ovvero farsi notare, anche a costo di sembrare sfacciati.
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Anche la natura ama il triangolo, la figura più semplice e perciò la più duttile. Un tempo in Oriente per simboleggiare la natura di tutte le cose si usava il triangolo. L’acqua stessa, fonte insostituibile di vita è un triangolo, due atomi di idrogeno e uno di ossigeno.

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Perciò fate largo ai triangoli, siano essi visibili o seminascosti, da soli o in compagnia, organizzati o scombinati, chiassosi o chic, perché li avete trovati nei vecchi patchwork tradizionali, li trovate oggi in queste opere, e ve li ritroverete in futuro in chissà quale forma di arte tessile.
Non sottovalutate il triangolo, senza di lui non sapremmo niente di Anna Karenina o Effi Briest, Il Grande Gatsby non sarebbe così grande, Scarlett (Rossella) O’Hara sarebbe passata inosservata, le vite di Jules e Jim non avrebbero scandalizzato nessuno, e persino Re Artù e Lancillotto sarebbero rimasti amici…
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Ogni volta che vado a vedere una mostra riesco a imparare qualcosa. Anche a Malborghetto non ho potuto fare a meno di scovare delle idee interessanti, ma la più divertente di tutte me l’ha messa sotto il naso questo quilt di sapore anglosassone.
P1100051 Notate niente? Infatti al momento non c’ho fatto caso neanch’io, poi ho realizzato che per qualche fortuito meccanismo linguistico le stagioni in inglese hanno tutte lo stesso numero di caratteri, e grazie a ciò si trovano perfettamente a loro agio in un patchwork.
Come al solito potete trovare altre fotografie sul mio album Flickr dedicato alla mostra di Malborghetto.

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Permettetemi di ringraziare le quilter di Valbruna Patchwork Club, in primis per la fantasia, la pazienza e l’impegno profusi nella realizzazione di queste opere, mostrando e dimostrando che esiste ancora chi alla manualità ci tiene. Grazie anche per avermi dato l’occasione di fare una bella gita a Malborghetto, cjalçons e passeggiata tutto compreso.
Dscn2104 E perché no, grazie per aver organizzato la mostra in quel bel palazzo del ‘600, con un giardino nel quale, all’ombra di un grande tiglio plurisecolare, ho passato un’oretta a riflettere su tutti i ricordi che ho di quei luoghi, di persone e di avventure, e sulle speranze che con ostinazione degna di miglior causa insisto a mantenere vive.
P1100113Ancora una cosa, grazie per aver esposto tutti i patchwork su uno sfondo uniforme bianco. Questa soluzione non solamente ha messo in maggior risalto il colori delle opere, ma ci ha pure facilitato il lavoro di editazione delle immagini, taratura del bianco, correzione di eventuali difetti di forma e scontornatura finale dell’opera per eliminare quasiasi elemento di disturbo. E non è poco.

 

2 thoughts on “Geo

    • Grazie.
      Incontrare qualcosa di bello è sempre una fortuna, e io cerco di condividerla come posso tramite il blog…

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